Quando Arturo lo interruppe bruscamente Gianni stava pensando a quanto fosse densa la cremina del suo caffè. Lo zucchero che aveva versato prima non aveva alcuna intenzione di scendere, era in superficie che, con un lavorio di pazienza certosina, cercava di farsi spazio tra le maglie della cremina per tuffarsi in quel liquido nero e bollente.
“Ma ti sembra possibile?” – irruppe retoricamente Arturo. Gianni sorpreso e destabilizzato non fece in tempo a rispondere che il compagno di colazione continuò – “Questo qui ha affondato una nave, sono morte 33 persone, gli hanno dato 16 anni di carcere e forse starà dentro qualche giorno; quello ha ammazzato una donna con 33 coltellate e gli fanno lo sconto di pena; Corona ha scattato due foto e fatto qualche altro piccolo reato ed è dentro e in più gli hanno allungato la pena fino a 13 anni. Ma io ste cose non le capisco proprio“.
Con un binocolo, in un’altra parte della galassia, Don Marzio Venesiano stava osservando la scena con attenzione: Arturo che gesticolava, Gianni che lo ascoltava con stanchezza e il barista che lavava e asciugava le tazzine una ad una. “Troppo rumore. Su sto Corona stanno facendo troppo rumore” – disse il capo-cosca intergalattica al suo fidato consigliori. “Don Marzio Venesiano la situazione è delicata. Si sapeva che una dura condanna di quel fotografo avrebbe destato una certa perplessità tra le genti della Terra. Loro non capiscono” – rispose il consigliori.
“Eppure diversamente non potevamo fare, ne abbiamo parlato diverse volte. Si è trovato nel posto giusto al momento sbagliato e non ha avuto il buon senso di chiudere un occhio. E comunque stai tranquillo, il progetto sta procedendo nel modo giusto” – disse il Padrino intergalattico.
“Ha ragione Don Marzio, non volevo mancarle di rispetto. Ero solo preoccupato perché la tabella di marcia che ci siamo imposti mi sembrava stesse andando un po’ a rilento, ma lei mi ha tranquillizato“.
“Mio caro Hom, devi stare tranquillo. Quel fotografo da quattro soldi è rinchiuso e presto il processo che lo porterà alla pazzia sarà terminato. Aveva visto troppe cose, non potevamo lasciarlo in libertà“.
Tutto avvenne qualche anno prima. A Sanremo stava per avere inizio il consueto aggiornamento del sistema di controllo dei marziani residenti sul pianeta Terra, l’Italia era il punto centrale di diffusione. Gli uomini di Don Marzio Venesiano conoscevano la parte come se fosse uno spartito scritto. In cinque giorni attraverso un delicato metodo di trasmissione verbale (la canzone) venivano aggiornati i software di controllo dei marziani italiani che poi riproducendosi, durante i 360 giorni successivi, avrebbero contagiato l’intera popolazione marziana terrestre. Il processo sarebbe stato completato durante il quinto giorno con la premiazione del vincitore perché la stringa verbale finale, quella della proclamazione, avrebbe funzionato da verifica del corretto aggiornamento. Don Marzio era come sempre tranquillissimo, ma quell’anno un piccolo intocco rischiò di mandare tutto in fumo.
Gli uomini della cosca sapevano che era previsto che vincessero la gara canora (era questo lo stratagemma escogitato dalla mafia marziana per tenere al sicuro il loro segreto) tre ragazzini con delle voci da tenore, ma all’ultimo istante a mettersi in mezzo fu un rettiliano che in molti credevano ormai finito, un certo Nek. Quando il rettiliano la terza sera mandò in fumo il primo sistema di verifica che consisteva nella proclamazione del vincitore di una gara intermedia, nessuno ci fece caso. Ma quando al quinto giorno gli uomini di Don Marzio se lo ritrovarono al fianco di quelli che sarebbero dovuti essere i vincitori il panico si impossessò della cosca marziana in trasferta a Sanremo. “Il vincitore del Festival di Sanremo sono Il Volo” – recitando questa frase il conduttore, un imboscato di Giove, avrebbe innescato il sistema di verifica e il conseguente aggiornamento del software dei marziani sulla terra, ma se invece avesse detto “Il vincitore del Festival di Sanremo è Nek” sarebbe stato il caos.
Pochi minuti prima di salire sul palco gli uomini della cosca rapirono il rettiliano canterino e lo lobotomizzarono temporaneamente. Così facendo avrebbero potuto truccare agevolmente e senza pericoli i risultati del festival e aggiornare con tranquillità il sistema. Fu in quel momento che il fotografo da quattro soldi fece la cosa giusta nel momento sbagliato: visti il rapimento e la lobotomizzazione cominciò a scattare fotografie. Non servì alcuna trattativa.
“Abbiamo fatto la cosa giusta Hom. Funziona così, chi sbaglia paga. La pazzia prima o poi lo renderà libero” – disse Don Marzio Venesiano mentre afferrava nuovamente il binocolo e si concentrava sulla colazione di Gianni e Arturo.
Twitter: @gioeleurso1
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