Le mie 5W: chi sono e cosa faccio

Who? Mi chiamo Gioele Urso, sono nato a Catania il 29 giugno del 1983, ma dopo sei mesi mi hanno caricato a bordo di un’utilitaria e ho attraversato il Paese fino al Piemonte. Vivo a Torino, ma ho passato buona parte della mia vita in provincia, a Pinerolo, ai piedi delle montagne. Non sono un grande sportivo anche se ci ho provato spesso e ci provo ancora oggi. Le due specialità che ho amato di più sono state la corsa e il jujitsu. Tifo Milan, anche se la mia relazione con il calcio è in una fase di crisi. Stessa crisi che vive la mia passione per la politica.

What? Nella vita faccio il giornalista. La leggenda vuole che abbia deciso di intraprendere questa carriera quando avevo 7 anni. Mi ricordo ancora quel giorno: ero con la mia famiglia a casa di un’amica per cena, e come spesso accadeva si arrivava prima per cucinare tutti insieme. Io ero sul divano davanti alla TV quando appare Emilio Fede che annuncia la fine della guerra del Golfo, mi giro verso mia madre e dico: “da grande voglio fare quello“. E ammetto che ancora oggi una delle cose che amo fare di più e dare le notizie. La passione però con gli anni è maturata ed è diventata qualcosa di più grande.

When? Ero comunque bambino quando ho capito che la mia più grande esigenza fosse quella di raccontare storie che fossero in grado di trasmettere qualcosa di me. Da quando ho vent’anni il giornalismo è il mio linguaggio e il mio modo di fare qualcosa per gli altri. Ci sono storie però che devi raccontare con linguaggi diversi e per me è stato naturale comprenderlo. Il primo racconto di narrativa che ho scritto raccontava di un robot poliziotto; ero piccolo così e mi avevano appena regalato il pupazzo di ‘Robocop’. La prima videocamera che ho tenuto in mano registrava sulle mini cassettine e quando per la prima volta ho premuto il tasto rec non avevo ancora dieci anni. Giornalismo, narrativa e linguaggio video sono i miei modi per raccontare il mondo che mi sta intorno.

Where? Gli scioperi sindacali, i presidi di protesta, le manifestazioni contro il Governo, le aule dei consigli comunali e regionali, ma anche le case di chi vive in una condizione di fragilità, il CPR di Torino e gli edifici abbandonati e occupati. Sono questi i luoghi dentro i quali mi sono mosso negli ultimi oltre vent’anni di carriera. L’ho fatto quando raccontavo l’attualità in radio, quando scrivevo e conducevo programmi televisivi di carattere politico, quando ho fatto comunicazione politica e adesso che mi occupo di giornalismo digitale. Ho utilizzato la telecamera per fare vedere le immagini e i suoni della Torino che sta cambiando e ho usato la tastiera del computer per scrivere cronache giornalistiche o libri di narrativa che fossero in grado di riportare su carta la realtà sommersa delle vie abbandonate della nostra città.

Why? Non so se io sia un bravo giornalista o un autore che valga la pena leggere, ma questa è la mia forma di attivismo. Attraverso questi strumenti tento di dare voce a chi vive tra le pieghe della nostra società o a chi invece è davanti ai nostri occhi, sommerso dai suoi mille problemi che però non ci conviene vedere. Le frecce che utilizzo sono l’osservazione di cosa capita nella nostra società, l’ironia e un pizzico di irriverenza. Non è facile tenere fede ai miei intenti, ma almeno ci provo e questo mi fa stare bene con me stesso.

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