Ugly Delicious è stato il primo scacciapensieri on demand al quale mi sono affidato durante questi giorni di quarantena. Di colpo ci siamo trovati a essere sbalzati da un estremo all’altro. Prima c’erano le agende stracolme, poi ci siamo ritrovati a dover gestire immensi tempi morti. Una serie tv in un momento come quello era la soluzione giusta. Ecco dunque che mi sono affidato ad Ugly Delicious.
Perché proprio Ugly Delicious? Per due motivi: 1) credevo fosse poco impegnativa; 2) il cibo è una delle mie passioni. In realtà mi sono trovato davanti a una docu-serie leggera, ma allo stesso tempo ricca e formativa.
Ugly Delicious tratta il tema del cibo sotto diversi punti di vista e l’aspetto culinario, puntata dopo puntata, viene sovrastato da quello culturale. Sono tante le cose che ho imparato guardando questa docu-serie, tipo:
- La bistecca in alcune parti del mondo è un cibo sessista perché viene accomunata esclusivamente alla mascolinità
- Il pollo fritto è un piatto razzista
- L’estetica del cibo è importante, ma non è la cosa fondamentale
- Negli Stati Uniti gli asiatici furono costretti ad aprire ristoranti perché fu vietato loro di fare altri lavori
Queste sono le quattro cose che mi hanno colpito di più e che vengono sviscerate nelle puntate della serie. Ogni puntata tratta un cibo o un tipo di cottura e di conseguenza sviscera una cultura. Non vi dico null’altro per non spoilerare. Appassionati di cibo guardatela!
Docu-serie Netflix / 2 stagioni / 8 puntata
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