Al via di nuovo le messe a partire dal 18 maggio, ma allo stesso tempo lavoratori dello spettacolo, camerieri, lavoratori precari continueranno a fare la fame. Il post potrebbe essere chiuso qui, ma andrò avanti lo stesso con alcune considerazioni.
Quella di riaprire le chiese per le messe è una decisione sbagliata. Perché? Semplicemente perché va contro quei milioni di italiani che sono stati abbandonati dallo Stato. Vi faccio un esempio a me molto caro, quello dei lavoratori dello spettacolo. Non stiamo parlando solamente dei lavoratori delle grandi compagnie e dei teatri più famosi, ma soprattutto di quelli freelance che vivono di questo mestiere, ma per riuscirci si devono conquistare ogni singola data con fatica. Gente (e sono i più) che si esibiscono in festival, piccoli teatri, locali e anche appartamenti; persone che da due mesi non hanno più una data e che nella stragrande maggioranza dei casi non hanno avuto sussidi. E il futuro, come potete immaginare, non è roseo per loro.
Ora, a loro viene detto che non si possono esibire perché i teatri sono luoghi a rischio perché ci vanno molte persone e si rischia l’assembramento. Come fate a spiegare loro che in un luogo simile, come può essere una chiesa, invece si potrà entrare, inginocchiarsi sulle panche e assistere alla messa che, in fine dei conti, è una forma di spettacolo?
Ci diranno che i fedeli staranno massimo due per panca? E in teatro gli spettatori allora potranno sedersi una sedia sì e una no. In Italia ci sono circa 100.000 chiese e le parrocchie sono circa 25.000 (i luoghi di culto che riapriranno saranno circa 30.000), mentre – secondo Wikipedia – i teatri sarebbero 1.236. Ora, io sono sicuro che l’elenco di Wikipedia non recensisca tutti i teatri italiani perché ci sono realtà piccolissime che non vengono mappate, realtà che però hanno una programmazione che è di livello altissimo. Perché cito i numeri?
Perché ci diranno che le chiese aperte non produrranno un circolo di persone alto quanto quello che potrebbe generare l’apertura dei teatri. Ma siete fuori di testa? 30.000 luoghi di culto muovono sicuramente più persone rispetto a 1.236 teatri, che tra l’altro sono gestibili senza problemi.
Ho la soluzione: si facciano spettacoli teatrali durante le messe! Il diritto al lavoro e i lavoratori devono essere messi prima degli interessi di parte. Il problema è politico. La questione è che siamo governati da gente che confonde la propaganda con l’amministrazione della cosa pubblica e che guarda a chi ha maggior peso nella società.
Iscrivetevi al mio gruppo facebook Gioele Urso – Leggo, Scrivo, Viaggio e Mangio
Acquista il mio romanzo “Le colpe del nero” in formato cartaceo oppure in formato ebook
Sono d’accordo sul vostro problema. Però non scrivere che la messa è uno spettacolo perché non ci sto. Invece direi che la messa è partecipazione ad un evento e, come per uno spettacolo teatrale o un concerto, partecipare è diverso dal seguire in tv
Cara Caterina, ti chiedo scusa se scrivendo quella frase ti ho offesa. Preciso che non sono un attore, ma mi sono semplicemente fatto portavoce di una situazione molto difficile. Hai ragione, gli eventi possono essere accomunati: entrambi richiedono la partecipazione di gente che assiste ed entrambi sono al chiuso e hanno una platea
In senso tecnico (quindi al di là del valore per i credenti), anche la messa è uno spectaculum, tanto che segue delle regole visive, con tanto di didascalie (le rubriche del messale), e di questo si era ben consci anche nel passato, se in età barocca alcuni archi trionfali (quelli che separano il presbiterio dall’assemblea) furono decorati con drappi a mo’ di sipario sollevato, quasi che quell’arco fosse scenico e mostrasse al pubblico dei fedeli il palco del sacrificio eucaristico. Per di più, in quasi tutti gli studi di storia della liturgia si sottolinea questa dimensione, tanto che vi si leggono anche trovate simpatiche come “missa in scena”. Quindi, se detto con tono neutro, non è una deminutio o un’offesa ma una definizione corretta.
Tutto molto toccante… ma ci siamo dimenticati che lo spettacolo è un LAVORO. Se con le sale piene si riusciva (proprio nei piccoli “indipendenti”) a coprire a malapena le spese, come si intende riuscire a lavorare con un terzo degli spettatori?
Potremmo smettere con la logica del “perché lui si è io no?” e cercare delle soluzioni reali?
Una lavoratrice indipendente dello spettacolo
Io non sono un lavoratore dello spettacolo, ma attorno a me ho tantissimi lavoratori dello spettacolo che chiedono di essere presi in considerazione. Molti non hanno potuto accedere ai sussidi. Chiedono di essere considerati lavoratori a intermittenza. Facevano spettacoli in locali, librerie, ecc.. la questione è diano sussidi veri o la possibilità di riaprire in sicurezza.. io credo che tra non esistere e avere qualcosa, sia meglio qualcosa.. opinione personale
Certo dispiace per la gente rimasta senza lavoro, che è davvero tanta, troppa. Ma prendersela con le messe denota scarsa sensibilità, scarsa conoscenza della fede cattolica, scarso rispetto per i credenti ed un impiego di dati statistici senza molto senso. Parlare in favore ed immedesimarsi in una parte dei lavoratori non autorizza a mettersi contro altre categorie di persone. È ovvio che l’autore di queste considerazioni non è un credente, però si permette di entrare e disquisire, in maniera superficiale e approssimativa, in un campo che non conosce. Le chiese sono state chiuse per due mesi. La loro riapertura è prevista tra oltre 10 giorni, un po’ prima di ristoranti, bar e negozi. Eppure dà fastidio. Io magari non vado a cinema o a teatro, ma rispetto profondamente chi ci va, chi ci lavora. Non mi sembra altrettanto di chi scrive.
Caro Federico, hai ragione non sono credente, ma ti risponderò cercando di essere il più razionale possibile. In primo luogo, come ho detto in un altro commento, le messe tecnicamente sono alla pari di un teatro perché prevedono gente che assiste disposte in file davanti a chi tiene la messa. In secondo luogo, come molti credenti mi stanno scrivendo in privato o sui social, come fa adesso un figlio a dire al proprio genitore 80enne che non può uscire di casa per andare a messa? Converrai con me che la fascia di popolazione over 70 è quella più a rischio. E infine mi domando, possiamo correre il rischio che la curva di contagio si impenni nuovamente, scatenando una conseguente nuova quarantena? Detto ciò, io non me la prendo con la messa o con la chiesa che avanza le proposte che crede più giuste (anche se discuto questa richiesta); io me la prendo con il Governo che da due mesi non sta ascoltando gli appelli di questi lavoratori che non hanno reddito e spesso non possono accedere ai sussidi. Per loro non ci sono ipotesi di riapertura, per loro non c’è disoccupazione o cassa integrazione. Sono semplicemente stati abbandonati
Ma è così difficile da capire che se i teatri stanno chiusi, i lavoratori fanno la fame, quella vera, mentre i fedeli di culto no? Pregate a casa come dice il vangelo stesso in caso di necessità:
” Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.”
Quindi state a casa e non rompete i coglioni.
Le chiese sono peraltro aperte da mesi. Il ministero della Sanità il 15/3 pubblicò un incredibile post con hashtag #iorestoacasa dove comunicava che si poteva andare in chiesa. Per Pasqua le messe sono state autorizzate, “solo” con celebranti, lettori, organisti, diaconi, adetti alle trasmissioni. E ora, in spregio all’uguaglianza nell’esercizio del diritto di riunione (art.17 Cost.) il governo Conte instaura un “regime speciale”: riunioni religiose sì, tutte le altre no. NO teatro, NO presentazioni di libri, NO eventi nei centri socio culturali, NO scuola pubblica. A chi invece già in fase 1 aveva dato prova di non rispettare le regole viene concessa l’ennesima corsia preferenziale.
Mi dispiace contraddirla sign.Roberto ma le Chiese sono chiuse. Io sono un’organista ed è esattamente dall’08 marzo che sono a casa! Poi la sottile differenza tra tenere una Chiesa aperta ed un Teatro è (E le sto parlando adesso da pianista a cui sono state cancellate tutte le date dei concerti e lasciata allo sbaraglio economicamente) è che se in Chiesa ci sono 15/20 fedeli…Non è un problema ma mantenere aperto un Teatro per 15/20 persone…come si fa? Ed ancora…in un Teatro io pianista se dovessi eseguire un Concerto per pianoforte ed ORCHESTRA…tutti gli elementi come potrebbero sistemarsi? Insomma è un pochino diverso e le ripeto io faccio parte di entrambe le situazioni!
Buongiorno Gioele, io sono un lavoratore dello spettacolo, come dici tu, “freelance”. Forse non sei a conoscenza del dibattito interno alla categoria. Sappi che il problema vero per noi attori, autori, registi, piccole compagnie, potrebbe essere proprio la riapertura dei teatri con le stesse dinamiche lavorative che, vivaddio (a proposito), abbiamo scoperto in questi mesi essere malsane. Perciò non basterà riaprire i teatri, così come non è corretto fare paragoni simili. Discorso a parte il fatto che ancora oggi il governo possa subire pressioni dal mondo cattolico, ma col teatro e lo spettacolo c’entra poco.
Un saluto.
Buongiorno Christian, hai pienamente ragione sul fatto che il problema principale dei lavoratori dello spettacolo sia quello lavorativo e le condizioni alle quali sono sottoposti. Sul blog io scrivo riflessioni personali, ma quel tema l’ho affrontato per la testata per la quale lavoro in questo articolo http://www.torinotoday.it/video/lavoratori-cultura-reddito-quarantena.html
Qui mi sono permesso di scrivere questo post per due motivi: sono circondato da amici che vivono una situazione economicamente drammatica e che non hanno avuto supporto dallo stato; credo che dal punto di vista tecnico chiese e teatri siano assimilabili. È ovvio che si dovrà studiare il modo di riaprire i teatri, ma soprattutto si dovrà permettere a attori, musicisti, ecc di poter tornare a lavorare. Alcuni lavorano in locali o in altri contesti extrateatrali, quali sono le alternative? E poi l’ingerenza della chiesa un po’ mi turba..