Sai cosa mi manca della fase uno? Il tempo. Stop, questo post potrebbe terminare qui. In realtà non ci sarebbe bisogno di aggiungere tante altre parole perché, come in una descrizione di un racconto, tutto quello che verrà dopo lo potrebbe aggiungere tranquillamente il lettore stesso. In che senso?
Un passaggio di “On writing. Autobiografia di un mestiere” di Stephen King mi aveva colpito particolarmente quando l’avevo letto. Lui infatti diceva che il bello della narrativa è la complicità che si crea tra chi scrive e chi legge. Spiegava che quando un autore scrive che “su un tavolino, coperto da una tovaglia rossa, era poggiata una gabbietta con all’interno un coniglio”, lascia spazio al lettore di immaginare il tipo di tavolino, il colore del coniglio, la forma della gabbietta e addirittura la tonalità di rosso della tovaglia.
Allo stesso modo io potrei lasciare a chi leggerà questo post lo spazio per rivivere i tempi morti durante le giornate di lockdown, o le tante attività inventate per battere la noia o le numerose passioni coltivate. Ma non lo farò perché voglio condividere una breve riflessione.
Durante la quarantena ho preso una vecchia agenda e ho cominciato ad annotare pensieri, spunti e appunti come se fosse un diario. Ho scritto solamente cose riguardanti il mondo della scrittura, l’ho chiamata “il mio diario da autore”. Quando l’ho ripresa in mano, ieri, mi sono reso conto che erano due settimane che non appuntavo nulla. Stessa cosa che è successa con questo blog da quando è iniziata la famosa e ormai dimenticata fase due.
Della fase uno mi manca il tempo che potevamo dedicare a noi stessi. Durante quei giorni faticosi, angoscianti e travagliati ho avuto modo di leggere una decina di libri, di scrivere un racconto, di cucinare, di curare i miei progetti personali e di continuare a lavorare (anche più di prima); da quando è iniziata la fase due le mie passioni hanno dovuto lasciare spazio agli obblighi.
È un peccato che la vita ti detti dei tempi così infami; è curioso che un evento così tragico come una pandemia possa darti lo spunto per renderti conto che la maggior parte della tua vita non la passi a fare le cose che ami. È normale poi essere insoddisfatti.
Io però credo che una volta individuato il problema si debba cercare la soluzione. Il problema è il tempo a disposizione che non è sufficiente per leggere quanto vorresti, scrivere quanto vorresti e cucinare quanto vorresti tutti i giorni della tua vita? Bene, la soluzione è abbassare l’asticella.
Chi pratica il salto con l’asta non fa il suo salto più alto la prima volta che ci prova, inizia dal basso e arriva in alto. Lo stesso vale per il tempo da dedicare alle cose che amiamo. Dobbiamo battere la stanchezza della giornata per prendere in mano un libro e leggere un capitolo, per scrivere mezza pagina di racconto o per suonare uno strumento anche solo venti minuti.
Lo dobbiamo fare tutti i giorni perché noi non siamo quel che facciamo, ma siamo quel che amiamo.
PS: vero che vi sareste potuti fermare tranquillamente alla prima riga?
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