A vent’anni bevi per amore; a trenta bevi e basta! Era tenera lei mentre, rinchiusa in quel giaccone troppo grosso, con un sorriso che voleva essere pianto malediceva quel bastardo.
«Va via»
«E dove va?»
«Via»
Vecchio, scolorito e maltrattato. Era il giaccone in pelle che aveva visto le peggiori cadute in moto di suo padre. «Lui beve. Tanto. Io non reggo». L’ambizione di essere come l’idolo della sua vita era la giustificazione per quel paio di ore passate con le ginocchia poggiate sulla turca del pub.
«E tu ti sei fatta a merda perché lui ti ha detto che va via?»
«Sì»
«Non ne vale la pena». Ma a vent’anni non lo sai che non ne vale la pena; dopo invece sì. A vent’anni pensi che ne valga la pena di stare quel paio d’ore con le ginocchia poggiate sulla turca del pub con un’amica che ti tiene la testa e tu che vomiti birra e lacrimoni. E quel cinismo che rende impermeabili agli arrivi e alle partenze della vita tu, che ormai lo sai che non ne vale la pena, non riesci a prescriverlo nemmeno un po’.
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