Gianni chiuse gli occhi e tirò su con il naso come gli avevano detto di fare al corso da enologo al quale Lucia lo aveva obbligato ad andare. Lui non avrebbe voluto, ma non era pronto alla guerra con la fidanzata.
Si concentrò e riempì i polmoni di quell’aroma cercando di identificarne ogni, seppur impercettibile, fragranza. Sì, l’asparago si sentiva distintamente. Gianni aveva sempre trovato affascinante il profumo dell’asparago, allo stesso modo di una donna acida, ma simpatica.
Poi osservò il colore, era giallo, forse paglierino, un po’ torbido, ma comunque intenso. Non si ricordava mai quale fosse quello giusto, se più chiaro o più scuro. Boh. Se fosse stato al corso a quel punto avrebbe dovuto anche gustarlo, attivare le papille, destreggiarsi con la lingua e lasciarlo scorrere giù fino allo stomaco, ma grazie a Dio non era al corso. Quindi chiuse la patta, tirò lo sciacquone, abbassò la tavoletta del gabinetto e tornò alla sua scrivania.
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