Nebbia ovunque attorno a me. E’ presto, il tram è semivuoto. Dallo zaino prendo “La Scimmia pensa, la Scimmia fa“, il libro di Chuck Palahniuk che sto leggendo. Sono arrivato alla parte finale, quella dei ritratti: senza ombra di dubbio è la parte del testo più interessante.
In questa opera Palahniuk non inventa storie, personaggi e trame, ma descrive fatti, persone e situazioni. Si tratta infatti di una raccolta di articoli che lo scrittori ha scritto nel corso degli anni e che sono stati pubblicati su riviste di settore e non. Ammetto: gli scrittori che valutano gli scrittori e che suggeriscono tecniche di scrittura mi affascinano.
Stephen King, il più grande, in “Misery” cattura il lettore grazie all’intreccio narrativo, ma tra le righe svela anche quelle che sono i suoi vizi di scrittore: la prova della veridicità di quello che sto scrivendo la troverete se confronterete il romanzo di cui sopra con la sua biografia “On Writing: Autobiografia di un mestiere“.
Palahniuk in “La Scimmia pensa, la Scimmia fa” si cimenta in un esercizio del genere, a pagina 172 scrive: “Quando studi il minimalismo al corso di scrittura creativa di Tom Spanbauer, il primo racconto che leggi è Il racconlo, di Amy Hempel. Il successivo è Strays di Mark Richard. E a quel punto sei rovinato. Se ami i libri, se ami leggere, è un confine che faresti meglio a non superare. Non sto scherzando. Superi quel punto, e quasi ogni libro che leggerai ti farà schifo. Tutti quei mattoni scritti in terza persona e ostaggi della trama, presi di peso dalle pagine del quotidiano di oggi, bé, dopo aver letto Amy Hempel, ti risparmierai un bel po’ di tempo e denaro” – poi continua – “Sulle prime, Il raccolto sembra una lunga, interminabile lista di dettagli. Non hai idea del perché alla fine di sette pagine stai piangendo. Sei un po’ confuso e disorientato. E’ solo una semplice lista di fatti presentati in pirma persona, ma, chissà come, è ben più della somma delle sue parti. La gran parte dei fatti raccontati è maledettamente buffa, ma all’ultimo istante, quando sei disarmato dalle risate, ti spezza il cuore. Ti spezza il cuore, sì. Più di ogni altra cosa. Quella malefica di Amy Hempel. E’ la prima cosa che Tom t’insegna. Una buona narrazione dovrebbe farti ridere, e un attimo dopo spezzarti il cuore“.
Amy Hempel viene presentata da Palahniul come una delle maggiori esponenti del minimalismo letterario. La sua opera, “il raccolto“, viene dissezionata e studiata. Al lettore e all’aspirante scrittore vengono forniti alcuni piccoli tasselli che gli permetteranno di decodificare o comporre un testo in stile Hempel.
“Il primo aspetto che studi è quello che Tom Chiama “i cavalli”. La metafora è che se conduci una diligenza dallo Utah alla California, utilizzerai gli stessi cavalli per tutto il percorso. Sostituite con la parola “temi” o “ritornelli”, ed ecco spiegato il concetto. Nel minimalismo, una narrazione è una sinfonia, che sale e scende ma non perde mai la linea melodica originaria. Tutti i personaggi e le scene, cose che appaiono dissimili, concorrono a illustrare qualche aspetto del tema narrativo. […] Il secondo aspetto Tom lo chiama “lingua bruciata”. Un modo di dire qualcosa, ma di dirlo male, di deformarlo così da costringere il lettore a rallentare. Forzare il lettore ad avvicinarsi, a leggere magari due volte, senza limitarsi a sfiorare una superficie di immagini astratte, avverbi tirati via, e cliché. […] Oh, e nel minimalismo non ci sono termini astratti. Nessuno sciocco avverbio come “sonnolentemente”, “irritabilmente”, “Tristemente”, prego. E niente misure, niente centimetri, metri, gradi, età. La frase “una garazza di diciotto anni” che cosa significa? Nel Raccolto, la Hempel scrive: “L’anno in cui cominciai a dire vas alla francese invece di vaso, un uomo che conoscevo appena rischiò accidentalmente di ammazzarmi”. Invece di una sterile età o misura, abbiamo l’immagine di qualcuno che diventa sofisticato, nonché la “lingua bruciata”, e l’uso del “cavallo” della mortalità. […] L’altra cosa che impari sul minimalismo riguarda “l’angelo che registra”. Vuol dire scrivere senza lasciare trapelare giudizi. Il lettore non viene ingozzato di cose come “grasso” o “felice”. Le azioni e le apparenze possono essere descritte in un modo che permetta al giudizio di nascere solo nella mente del lettore. […] La Hempel dimostra che una narrazione non deve essere una specie di flusso costante di bla bla bla per costringere il lettore a prestare attenzione. Non c’è bisogno di tenere il lettore per le orecchie e ingozzarlo con l’imbuto. Il racconto può essere invece una successione di dettagli saporiti, profumati, palpabili. Quel che Tom Spanbauer e Gordon Lish chiamano “andare sul corpo”, dare al lettore una reazione di risonanza a livello fisico, coinvolgere il lettore di pancia“.
Perché ho voluto proporvi il pensiero di Palahniuk sulla Hempel? In primo luogo perché si avvicina al mio pensiero di narrativa, ma anche perché, a dirla semplicemente, lo scrittore mette in discussione tutte le tecniche di scrittura politicamente corrette.
Quali sono le regole della scrittura? La scrittura ha delle regole? Io intanto compro la raccolta di racconti della Hempel, tanto per cominciare.