Le difficoltà di essere giornalista ai tempi della crisi

giornalismoIeri sera ho partecipato ad una interessante tavola rotonda organizzata durante la festa di Sinistra Ecologia Libertà di Torino dal tema: “Il futuro della libertà di informazione nei media che cambiano. Il caso del Piemonte”. Alcuni spunti sono stati particolarmente interessanti e la discussione generale, a mio avviso, può andare oltre i confini regionali piemontesi perché le condizioni professionali dei giornalisti sono difficili un po’ ovunque.

Si è parlato di quella che dovrebbe essere la riorganizzazione dell’informazione regionale della RAI. In Piemonte i giornalisti dell’emittenza pubblica che lavorano al TGR sono circa 35. Dalla vendita di Raiway, al peggioramento delle condizioni professionali, la crisi dell’informazione la stanno vivendo anche loro.

Si è parlato dell’emittenza locale piemontese ormai in crisi dal 2009, anno in cui è iniziato il passaggio al digitale terrestre che, dal mio punto di vista, è una delle principali cause del crollo del settore. Noi siamo stati tra i primi a sperimentare questa nuova tecnologia e, un po’ come per i primi pezzi di produzione di un nuovo modello auto (che non si comprano mai), abbiamo potuto toccare con mano tutti i difetti della nuova tecnologia. Ancora oggi ci sono zone geografiche del territorio piemontese che non sono raggiunte dal digitale terrestre. Come si fa a venderci sopra la pubblicità?

Si è parlato dei freelance che sono sottopagati e spesso considerati giornalisti di serie B. Io, lo dico a bassa voce, se i freelance fossero trattati economicamente come Dio comanda probabilmente opterei per questa soluzione perché, secondo me, è la sintesi di quello che dovrebbe essere il nostro mestiere: ricerca, curiosità, verifica, approfondimento, confronto con il mercato. Ci dicevano che i giornali italiani sono convinti di poter scrivere di esteri comodamente dall’Italia; ci dicevano che una fotografia viene pagata solamente 7 euro. Vi rendete conto che pagare una bolletta diventa difficile?

Si è parlato di uffici stampa, di web, di settimanali locali. I colleghi che lavorano in questi ultimi settori sono forse i più numerosi, ma sono anche i meno tutelati: non contrattualizzati e quando hanno un contratto non è quello di categoria; non vengono pagati in modo adeguato; spesso non hanno difese davanti alle richieste degli editori. Per non parlare del web che è un vero e proprio “casino“: non esiste alcun obbligo di registrazione delle testate; non esiste alcun metodo utile a identificare l’informazione prodotta da giornalisti, da quella prodotta da amatori; l’informazione web, proprio perché deve fare contatti, spesso è di bassissima qualità.

Massimiliano Borgia, giornalista torinese che ha organizzato l’incontro, al termine della discussione ha messo nero su bianco alcuni punti sui quali si vorrebbe lavorare:

– chiedere un’audizione in Consiglio regionale per spiegare qual è la condizione delle testate e dei giornalisti in Piemonte
– chiedere una legge regionale sull’editoria che sostenga il settore “per progetti” in grado di favorire l’occupazione
– migliorare utilizzo delle risorse già impiegate dal pubblico a favore dell’informazione regionale
– fare entrare il settore dell’informazione tra quelli da finanziare con fondi europei, ma no a logiche clientelari e finanziamenti a pioggia
– richiesta di un incontro con i parlarlamentari piemontesi per rappresentare crisi dell’informazione e precariato dei giornalisti

L’unica nota stonata della serata è la bassa partecipazione dei giornalisti. Probabilmente il primo punto dal quale partire per risolvere il problema è proprio questo.

Twitter: @gioeleurso1

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