Un racconto di Natale: ‘Montelupo e la fobia di Tarantella’

È Natale e come festeggiarlo meglio se non con un racconto natalizio? I protagonisti sono il commissario Montelupo e Corrado Tarantella, il vigile urbano che sogna di diventare un detective privato.

«Riccardo, ti prego.. mi devi aiutare.. devo assolutamente scappare da qui». Quando il commissario Montelupo ricevette quell’insolita telefonata la mattina di Natale ebbe l’istinto – anche se per un solo istante – di preoccuparsi veramente della sorte di chi stava dall’altra parte del cavo telefonico, ma poi quella propensione all’azione fu subito castrata dalla consapevolezza che a chiamarlo era stato Corrado Tarantella.
«Corrado, stai calmo e raccontami in modo breve e conciso cosa è successo». Il detective privato costretto nei panni di un vigile urbano inspirò in modo profondo e subito dopo cominciò a vomitare una parola dopo l’altra.

«Mi sono nascosto in garage Riccardo», disse in modo agitato, «mia moglie sono venti minuti che mi cerca. La sento urlare il mio nome». Montelupo cominciava a intravedere la tragedia che il suo amico più strambo stava vivendo in quel momento. Lo immaginava rannicchiato al buio nell’anfratto più remoto del suo box auto a sbirciare se la tanto temuta donna Mariuccia – sua moglie – fosse realmente sulle tracce del marito o se brancolasse ancora nel buio.
«Sì Corrado ho capito, ma cosa sta succedendo. Racconta!». Il vigile urbano aveva il fiato corto e la voce fragile. Bisbigliva per evitare che l’orecchio assoluto della donna potesse intercettare un’onda sonora familiare. Prima di nascondersi dietro lo scaffale a parete nel quale erano catalogati tutti i numeri degli ultimi trent’anni di ‘Punto&Cucito’ – una rivista tanto cara a donna Mariuccia – si era addirittura cosparso di terra polsi, collo e viso nell’estremo tentativo di disorientare il fiuto molecolare della moglie.

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«Questa mattina mi sono svegliato di buon’ora», cominciò a raccontare il vigile urbano, «sono andato in cucina, ho smontato e pulito la moka, mi sono preparato il caffè e dopo averlo messo sul fuoco sono andato in salotto ad aspettare seduto sul divano che salisse. Sembrava una tranquilla mattina di Natale, quando..».
«Corraaaaaaaaaaaaado!!». Tarantella smise di parlare e Montelupo per solidarietà, quando sentì la voce di donna Mariuccia, sussultò sul posto. «Corraaaaaaaaaaaaaaaaaado!!». Questa volta la donna allungò in modo palese la ‘A’ di Corrado. Nella sua voce non c’era rabbia, chiamava il marito come Jack Torrance in Shining invocava la moglie Wendy brandendo nella mano un’affilata accetta. «Corraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaado!!». Il commissario per la terza volta in pochi istanti sentì pronunciare quel nome in modo sempre più allungato e sempre più vicino. Percepiva che la cacciatrice fosse sempre più vicina alla sua preda..

«Riccardo sono spacciato», sentì dire a Tarantella con un velo di commozione nella voce, «è troppo vicina per non fiutare il mio sangue, ormai per me è finita». Montelupo se quella stessa telefonata l’avesse ricevuta da uno a caso dei suoi uomini in men che non si dica sarebbe balzato fuori casa e sarebbe corso – sì corso, perché il commissario si ostina a non voler guidare – a casa di chi stava chiedendo il suo aiuto per soccorrerlo dalle grinfie del suo carnefice.
Tarantella però non era un uomo a caso; Tarantella era Tarantella. Non aveva l’equilibrio di Ignazio La Spina, non era pragmatico quanto Marcon, non era scattante quanto Gattinella e non era oggettivo quanto Incerti (che non era un membro della squadra di Montelupo, ma ormai era come se lo fosse). Se poi a fargli quella telefonata fosse stata la dottoressa Pulvirenti, beh, il commissario la giacca l’avrebbe indossata al primo squillo perché quella era donna da non chiedere mai.

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«Corraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaado!!», sentì ancora una volta Monteupo, «dai, non fare lo stupido. So che sei qui». Il commissario percepiva l’affanno dell’uomo che era dall’altra parte del ricevitore. Lo vedeva accovacciato sulle ginocchia a reggersi con una mano allo scaffale del mobile e gli occhi puntati sulla soglia del garage. Poi di colpo uno sbuffo dalle narici. «Corrado lo so che sei qui». Adesso la voce di donna Mariuccia era a portata di mano. Montelupo riusciva a sentire in modo distinto le sue parole anche se aveva smesso di urlare e parlava con lo stesso tono di voce di quando chiedeva una ‘ciabatta’ al panettiere.

«Dai Corrado, sei dietro lo scaffale. Esci», ordinò con gentilezza donna Mariuccia al marito, «ti si vedono i piedi Corrado. Esci». Montelupo prima che la telefonata venisse interrotta da Tarantella percepì il rumore del legno che scricchiola, il fruscio della giacca del suo caro amico e un’imprecazione soffocata.
Poi, infine, le ultime parole della donna: «Ti eri dimenticato queste», e sentì tintinnare qualcosa, «ti ho portato le chiavi della macchina e la liste della spesa. Te li eri dimenticati sul tavolo della cucina. Dai, amore, vai in fretta al centro commerciale. È la mattina di Natale, ci sarà un po’ di caos».

Chi sono? Mi chiamo Gioele Urso e sono un giornalista e autore torinese. Da giornalista mi occupo di politica, sindacale, manifestazioni di piazza, problemi di quartiere e più in generale di storie. Come autore ho pubblicato tre libri noir: ‘Le colpe del nero‘ nel 2018, ‘Calma&Karma‘ nel 2020 e ‘L’assassino dei pupazzi‘ nel 2022. Se vuoi puoi ascoltare i miei audio racconti su Spotify.

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