Perché devi leggere ‘Il lungo addio’ di Raymond Chandler

Era il 1953 quando per la prima volta veniva pubblicato ‘Il lungo addio‘ di Raymond Chandler, sono colpevole di averlo letto solo adesso. Ho anche un’aggravante: è la prima opera di Chandler che io abbia letto.

È stato un viaggio fantastico che ho cominciato a fare poco dopo le feste natalizie. Si tratta di un romanzo ‘noir’, del quale è stato fatto anche un film e che è il sesto di una serie di libri con protagonista il detective Philip Marlowe. La storia è semplice, almeno all’inizio: il detective all’uscita di un locale si imbatte in un ubriaco che viene abbandonato in mezzo alla strada da una donna che se ne va a bordo di un’automobile. Marlowe aiuterà quell’uomo e quello sarà solo il primo passo dentro una vicenda contorta, complicata e avvincente.

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Chandler ti fa immergere dentro la storia grazie a una serie infinita di descrizioni dettagliate: descrive i personaggi, i profumi, gli ambienti, i suoni, i vestiti, le sensazioni, i cocktail, le donne, le armi, le espressioni, i visi. Tutto quel che c’è da descrivere lui lo descrive partendo dal macro per arrivare al micro.

Negli anni cinquanta probabilmente – questa non è una mia deduzione, ma di qualcuno che ho incontrato e con cui ho parlato, ma di cui non mi ricordo il nome – era necessario descrivere tutto perché all’epoca molti lettori non avevano gli strumenti necessari per immaginare altrimenti quello di cui si stava parlando nel libro. Gli strumenti che oggi abbiamo – come la televisione o il web che oggi ci fanno vedere di tutto – non erano diffusi o non esistevano ed era l’epoca dei radio drammi.

Per questo motivo per un narratore era necessario descrivere tutto fino al minimo dettaglio, per fornire a qualunque lettore la possibilità di godersi la narrazione fino in fondo. Oggi – seppure la descrizione sia uno strumento fondamentale – non si usa più allo stesso modo di quel tempo; oggi si descrive per evocare. Da piccolo autore è questa la cosa che mi ha colpito di più del romanzo di Chandler. Mi è piaciuto leggere di come si fa un ‘succhiello’, di come si smonta una rivoltella, di come si può uccidere (?) un uomo.

E poi ci sono i dialoghi che nel libro di Chandler sono così reali e mai noiosi. In quello che si dicono i suoi personaggi non c’è nulla di artificiale, sembrano conversazioni rubate dalla vita di tutti i giorni. Chi scrive lo sa, non è affatto facile far parlare due persone senza renderle noiose ed è per questo che io nei miei libri riduco al minimo le conversazioni.

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Infine un accenno al genere. All’inizio vi ho detto che si tratta di un libro noir, così si legge in copertina, in realtà si tratta di Hard Boiled, un genere del quale ho letto poco, che è legato a quell’epoca e che vale la pena – per gli amanti del poliziesco – approfondire. Vi lascio qui il link alla pagina wikipedia.

Chi sono? Mi chiamo Gioele Urso e sono un giornalista e autore torinese. Da giornalista mi occupo di politica, sindacale, manifestazioni di piazza, problemi di quartiere e più in generale di storie. Come autore ho pubblicato tre libri noir: ‘Le colpe del nero‘ nel 2018, ‘Calma&Karma‘ nel 2020 e ‘L’assassino dei pupazzi‘ nel 2022. Se vuoi puoi ascoltare i miei audio racconti su Spotify.

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