“Ivan Arnol’dovic, lei mi stupisce.. Bisogna pure che l’ipofisi attecchisca, si tratta, nonostante tutto, di un organo trapiantato. Adesso Pallinov manifesta solo dei residui della sua natura canina, come per esempio l’avversione ai gatti – l’unica cosa buona che gli resta. Dovete capire, invece, che il vero disastro è che lui non ha più un cuore di cane ma un cuore di uomo. E dell’uomo più abbietto che ci si possa immaginare” – così il professor Filip Filipovic Preobrazenskij svela al suo fedele assistente il perché del fallimento della loro più grande scoperta.
“Cuore di cane” di Michail Afanas’evič Bulgakov viene pubblicato nella sua prima edizione del 1928. Viene considerato un romanzo di genere fantascientifico e satirico. Si tratta di un libro che si legge in un momento, piacevole alla lettura e a tratti anche divertente.
La storia narra di un cane randagio che viene raccattato per strada da uno dei più grandi scienziati della Mosca rivoluzionaria. Un uomo che all’interno del suo studio opera i borghesi moscoviti e restituisce loro parte della giovinezza perduta. Il luminare però viene colto dal desiderio di spingersi oltre e di osare in un esperimento ai limiti dell’immaginabile: sostituire l’ipofisi di un cane con quella di un giovane ragazzo appena deceduto. Le conseguenze della sua operazione saranno stupefacenti ed esilaranti. A fare da contorno all’intera narrazione è la rivoluzione russa e l’eterno conflitto tra borghesia e proletariato.
Sono due le tesi di fondo che Bulgakov pone alla nostra attenzione con questa opera, una politica ed una sociale: anche la Rivoluzione può essere sbagliata se coltivata sul rancore; non è il cuore, ma il cervello a stabilire le tendenze di compassione e umanità dell’uomo.
Michail Afanas’evič Bulgakov (Kiev, 15 maggio 1891 – Mosca, 10 marzo 1940) è stato uno scrittore e drammaturgo russo della prima metà del XX secolo. È considerato uno dei maggiori romanzieri del Novecento. Molti suoi scritti sono stati pubblicati postumi. I rapporti dello scrittore con il potere non furono facili e durante gli anni di Stalin le sue opere furono proibite. La maggior parte dei scuoi scritti fu dato alle stampe soltanto dopo il 1965.
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Da qualche tempo ci pensava spesso. Era un’insinuazione che stava invadendo il suo cervello: “Se suicidandomi non posso assicurarmi un posto in Paradiso, tanto vale guadagnarsene uno nei gironi dell’Inferno” – considerava davanti alla tv, poi però non aveva mai avuto il coraggio di farlo.
Non ci si improvvisa mica. Non è che tra una sigaretta e l’altra fumata sul balcone, si decide di fare un salto giù senza prendere l’ascensore; e neppure si decide di farsi travolgere da un treno durante una passeggiata domenicale lungo i binari della ferrovia.Metodo. Togliersi la vita richiede metodo.
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