Ho terminato di leggere La Scimmia pensa, la Scimmi fa di Chuck Palahniuk e questa è una buona notizia perché vuol dire che la smetterò di ammorbarvi con citazioni tratte dal libro e con deduzioni nate spontaneamente. Rispetto a quelle che sono le mie abitudini ci ho messo parecchio a leggerlo, ma sono arrivato alla conclusione che i motivi siano principalmente due: il grigiore di molte giornate torinesi (quando è nuvolo, piove e fa fresco mi rattristo); me lo sono proprio gustato.
Era da un po’ che non leggevo un libro di Palahniuk, è uno dei miei scrittori preferiti: l’ho conosciuto con Fight Club, poi Soffocare e Gang Bang. Tra le mie letture non possono mancare le sue opere alternate con quelle di Irvine Welsh e Nick Hornby. Ne La Scimmia pensa, la Scimmi fa l’autore cita in un paio di articoli American Psycho di Bret Easton Ellis definendolo uno dei pilastri di una certa narrativa alla Trainspotting, credo che domani andrò in libreria a comprarlo perché ammetto di non averlo mai letto.
Cosa metto via da La Scimmia pensa, la Scimmi fa? In queste settimane di lettura ho scoperto un Palahniuk differente rispetto al personaggio che appare nell’immaginario collettivo. Chiacchierando sul web nelle scorse settimane avevo sostenuto che, nonostante la donna descritta all’interno dei suoi romanzi fosse stereotipata, lui in realtà non fosse un maschilista: adesso credo di poterlo ribadire con convinzione.
Due racconti in particolare mi hanno colpito: Una lattina di carne umana e Egregio signor Levin.
Nel primo racconta di come vivono gli uomini della marina militare durante le missioni all’interno di un sottomarino militare americano: uomini che per tre mesi vengono rinchiusi dentro una lattina di carne umana, adattando il proprio corpo e le proprie esigenze a condizioni fisiche che per un uomo non sono naturali. Un racconto interessante che però finisce con il botto, ovvero con la denuncia dell’omertà che domina il mondo militare americano in merito all’omosessualità dei militari che partecipano a queste spedizioni.
Il secondo racconto invece è un tributo ad uno scrittore americano Ira Levin che con le sue opere ha denunciato prima di tanti le privazioni femminili nella società statunitense. Palahniuk cita alcuni suoi libri Rosemary’s Baby e La fabbrica delle mogli, nel primo si parla di aborto, nel secondo della prevaricazione maschile all’interno del contesto domestico.
E’ per queste ragioni che credo di poter affermare che Palahniuk non sia un maschilista, ne avrei un’altra che nasce dalla lettura di uno dei suoi più celebri romanzi Gang Bang, ma è meglio che lascio perdere..
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