“Sono un branco di schifosi” – gli gridai attraverso il prato – “Tu da solo vali più di tutti loro messi insieme”. Semplice e banale, in una frase Francis Scott Key Fitzgerald racchiude la morale di un romanzo, Il Grande Gatsby, che è una critica delicata e feroce alla società statunitense degli anni a cavallo tra il 1920 e il 1930. Attenzione però perché nulla è cambiato: qualcuno ancora oggi ambisce agli stessi vizi.
Lo devo confessare, se non lo facessi probabilmente non mi sentirei intimamente a posto con chi avrà voglia di leggere questa meditazione: ammetto che se non avessi trovato un’edizione a 99 centensimi di euro de Il Grande Gatsby probabilmente non lo avrei mai letto. L’ho detto. Probabilmente un giorno dovremmo anche aprire una discussione sulle forme di accesso alla letteratura e sulla diffusione dei generi narrativi, non oggi però.
Oggi voglio raccontarvi di come mi sono innamorato di una storia che mi ha catapultato all’interno di un mondo dai colori pastello, i suoni trombettati, le auto caricaturali e dalla ricchezza ipocrita. Il Grande Gatsby è questo: è la storia dell’eccesso, dell’ambizione, del lusso, dell’indifferenza, della superficialità. E’ la storia della sconfitta dell’amore sul denaro. E’ la storia della vittoria del “tanto prima o poi ci si abitua a tutto“.
Ho provato affetto per quell’uomo che si è giocato tutto per rincorrere un sogno. Gatsby, seppur in lontananza, mi ha ricordato Florentino Ariza, il romantico protagonista de L’amore ai tempi del colera di Gabriel Garcia Marquez: affetto per Florentino, compassione per Gatsby.
Gatsby investe gli anni migliori della propria vita per arricchirsi con l’unico scopo di riconquistare l’amore della sua Daisy: una donna appartenente alla borghesia americana che aveva conosciuto prima di partire per il militare e che lo aveva dimenticato per sposare il marito Tom Buchanan.
Il Grande Gatsby è soprattutto una storia di tradimenti perché nessuo dei personaggi riesce a rimanere fedele ad una persona, ad un oggetto o anche solo ad un ideale. Lo stesso Gatsby dimentica con troppa facilità, segno del fatto che con ogni probabilità non è differente da quella gente che il suo amico Nick ad un certo punto definisce un branco di schifosi.
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Il grande Gatsby è uno dei romanzi più interessanti del 900, frutto dell’enorme talento di Fitzgerald (leggere cosa scrive di lui Hemingway). Scritto in un modo sublime, è di grande complessità emotiva e di rappresentazione. Credo che il succo sia nelle ultime righe, cito a memoria, “perché siamo come barche….”. Non leggerlo perché costa 10 euro sarebbe stato un delitto.
Così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato