Collegno, cittadina alle porte di Torino. Arriviamo davanti allo stabilimento in tarda mattinata. I lavoratori della FIVIT-COLOMBOTTO sono in presidio permanente; davanti ai cancelli hanno posto un bidone di metallo che utilizzano per ardere la legna. In totale le persone che ci accolgono saranno una ventina, ma da quel che comprendiamo si alternano con cadenze regolari.
Sul muro che costeggia la strada, quello che accompagna al cancello di ingresso dello stabilimento, hanno posto degli striscioni, uno colpisce: “A voi imprenditori ai quali per anni abbiamo donato con impegno e onestà il nostro lavoro, vi vogliamo ringraziare con una semplice ma efficace parola: vaffanculo!“.
Cosa si nasconde dietro un “vaffanculo”? In questo caso ci sono 82 lavoratori che sono stati licenziati da un’azienda che non sembrerebbe essere in perdita, ma che, anzi, ha da poco ristrutturato gli stabilimenti; ci sono viti e bulloni, i prodotti che vengono realizzati in linea, e sui quali dovrebbe reggersi il mondo intero, o almeno così dicono.
Gli operai di Collegno raccontano che se chiude un’azienda che non ha mai avuto problemi dal 2009 a oggi, vuol dire che tutto il distretto industriale è seriamente a rischio; dicono che il gruppo aziendale in Francia ha provato a fare la stessa cosa, ma che il Governo non gli ha permesso di farlo; sperano che sia solo un modo per aprire una trattativa sindacale, anche se al ribasso, comunque sempre meglio che rimanere disoccupati, anche perché trovare un lavoro di questo periodo è una vera impresa.
Oggi il primo incontro per cominciare a discutere della loro situazione all’AMMA di Torino, Aziende Meccaniche Meccatroniche Associate, ma intanto i lavoratori continuano a raccontare i mille significati che può avere un bel “vaffanculo“.
@gioeleurso1 – redazione@tempestadicervelli.com
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