Ma quale analisi dell’IO e del Super IO: l’Unica, la canzone che i Perturbazione hanno presentato al festival di Sanremo, è il racconto di come svariate generazioni di italiani non abbiano voglia e coraggio di vivere vere e proprie storie d’amore assuefatti come sono dalla solitudine.

Il gruppo torinese, di Rivoli per la precisione, ha fatto bingo presentando al Festival una canzone orecchiabile e musicale della quale è facilissimo innamorarsi, ma attenzione a fermarsi in superficie perché andando un po’ oltre è possibile imbattersi in un testo ambiguo che fotografa alla perfezione generazioni di single italiani.
Facciamo un esercizio e cerchiamo di entrare tra le righe della storia che ci viene raccontata. A parlare è un quarantenne, intraprendente e di bella presenza. Uno che subito ha fatto conoscenza con l’altro sesso e che con gli anni ci ha pure preso gusto. All’inizio alle sue amanti scriveva poesie e con loro faceva l’amore di nascosto con la paura di essere beccato. Una passione, quella per le avventure, che gli rimarrà per sempre, anche quando comincerà a farsela con la moglie del suo amico o con la ragazzina che ha la metà dei suoi anni. E’ da qui che nascono le tre domande che si pone il protagonista della storia: chi sono io oggi; cosa sarò in futuro; cosa sono stato tra le esperienze che ho vissuto e quelle che ho solamente immaginato.
Il nostro quarantenne a chi sta parlando? Io lo immagino di sera seduto da qualche parte, magari su una panchina di un parco giochi. In realtà parla a se stesso di una storia che sta vivendo, per la verità si tratta di una relazione ancora nella sua fase embrionale e non ha deciso cosa fare perché per il nostro uomo è così complicato rinunciare alla propria libertà per una relazione che potrebbe ingarbugliargli la vita: per lui è tutto così complicato che potrebbe decidere di troncare ancora prima del nascere per affidarsi al piacere solitario fondato sulla memoria. E’ non nasconde neppure che un po’ gli piace anche.
@gioeleurso1 – redazione@tempestadicervelli.com
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