La diseducazione al giornalismo, il ruolo di mediatore del giornalista e l’informazione “fai da te“: la percezione degli utenti di un mestiere che sembra essere alla deriva.
Chi ti chiede come mai hai deciso di seguire un determinato evento, stupito del fatto che sei l’unico che si è mostrato interessato a quello che in quel momento aveva da dire; chi ti chiede conto di ogni singola virgola del servizio che hai intenzione di fare. Da una parte un’associazione che indice una conferenza stampa seppur nella consapevolezza che ormai i giornalisti seguono solo eventi istituzionali e su quelli fanno servizi o riempiono pagine; dall’altra un ufficio di comunicazione che probabilmente non vedeva dentro il proprio ente una troupe televisiva da troppo tempo.
Due momenti della settimana che mi hanno fatto giungere principalmente a tre conclusioni:
1) Siamo riusciti nell’intento di portare a una progressione diseducazione all’informazione. Che siano uffici stampa, addetti alla comunicazione, associazioni, artisti o cittadini comuni, i nostri utenti non hanno più la percezione della necessità del giornalista. L’associazione che si stupisce del giornalista che “copre” il suo evento o l’ufficio di comunicazione che è spiazzato dalla presenza di una troupe in un luogo di interesse sono la fotografia di un giornalismo che non ha più i mezzi per raccontare il territorio che lo circonda.
2) Non è più riconosciuto il ruolo di mediatore del giornalista. Il giornalista dovrebbe essere colui che ascolta, prende appunti e narra un fatto, un progetto, una novità, un personaggio. Tra l’evento e il pubblico dovrebbe esserci quella figura in grado di decodificare, pulire, tagliare e cucire un vestito da fare vedere al pubblico interessato. Oggi questo lavoro in qualche modo viene considerato superfluo. La verità è una e non ha bisogno di approfondimenti o analisi, e neppure di letture critiche o inserti utili ad arricchire. Anche questa è la fotografia di un giornalismo assente e monotematico.
3) Il passo a un giornalismo “fai da te” è breve nel momento in cui gli utenti non hanno più l’educazione all’informazione e il ruolo di mediatore del giornalista viene considerato superfluo. Siti internet, pagine facebook e canali youtube di associazioni, uffici di comunicazione o semplici cittadini che hanno la pretesa di sostituirsi all’informazione tradizionale spuntano come funghi. Questi diventano a volte gli unici canali di informazione su determinati temi o per determinati comunicatori, anche grazie ad alcune utili conoscenze di Social Media Marketing. Ecco un’altra fotografia degli effetti di un giornalismo assente, pigro e poco razionale.
La diseducazione al giornalismo, il non riconoscimento del ruolo di mediatore del giornalista e la crescita dell’informazione “fai da te” sono dunque il frutto di un mondo del giornalismo, con poche risorse, monotematico, assente, pigro e poco razionale?
Twitter: @gioeleurso1
SE VUOI LEGGERE IL MIO ROMANZO SUICIDIO CULINARIO CLICCA QUI E SCARICALO GRATUITAMENTE