Forse per la seconda volta nella mia vita ho abbandonato un libro. No, non l’ho lasciato su una panchina o sul sedile del treno (cosa che comunque non sarebbe stata affatto sbagliata), ma ho interrotto la lettura di un romanzo che avevo cominciato a leggere da qualche giorno.
Ero sul treno e un mio compagno di viaggio, anche lui lettore accanito, ha contestato la mia scelta di abbandonare quella lettura: “I libri si iniziano e si finiscono“. No, non è vero e a contestare questa teoria ci ha pensato pure Daniel Pennac che nel suo libro “Come un romanzo” ha scritto i suoi dieci diritti del lettore; tra questi vi è anche il diritto a non finire un libro.
Se un lettore decide di abbandonare un libro non è colpa, sempre e per forza, di chi lo ha scritto. Magari il lettore in quel momento ha bisogno di leggere altro, oppure è abituato a un altro tipo di scrittura o genere letterario. Io per esempio leggo un po’ di tutto, ma amo in particolare i libri molto movimentati, avvincenti, con un buon ritmo, non ripetitivi. Il libro che ho abbandonato era il contrario di quel che vi ho detto.
Vi chiederete perché lo stavo leggendo e perché l’ho comprato: il romanzo in questione mi è stato suggerito da un editore ed essendo che sono convinto che ognuno di noi dovrebbe leggere di tutto un po’ e che ogni lettore dovrebbe riservare una parte del suo tempo per gli scrittori emergenti, spesso leggo opere che fanno parte del sottobosco letterario italiano.
Ecco! Volevo confessarvelo perché sono convinto che il disagio che ho provato io ad abbandonare il libro prima di averlo terminato, sia lo stesso disagio che provano molti altri lettori accaniti. Cari amici, non sentitevi in colpa, anche il lettore ha i suoi diritti e quello a non finire un libro è sancito dal decalogo di Pennac.
Twitter: @gioeleurso1
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