Non è una questione di noia, non è neppure una questione di età e secondo me non è addirittura neanche una questione di TAV in senso stretto. Ieri a Torino sono scese in piazza le “madamine” che guardano al proprio portafogli e stati certi che, politicamente, questo è un problema per il Movimento 5 Stelle (e per la Lega) ancora più grande.
Di questa vicenda sono due le cose che mi hanno colpito: la grande partecipazione alla manifestazione di piazza Castello a Torino promossa da sette signore dei salotti buoni torinesi per contestare la decisione dell’amministrazione comunale di fare diventare la città un presidio No TAV; la reazione rabbiosa sui social network di chi contesta a tutto tondo quella iniziativa. Sviluppo.
Metto le mani avanti: io non credevo che in meno di dieci giorni, quelle che dalla piazza sono state definite il “settebello” – riprendendo la storica nazionale di pallanuoto maschile (forse avrebbero dovuto definirle il “sette rosa”) – riuscissero a coinvolgere un numero così alto di cittadini, si parla di 40.000. Ma chi erano i torinesi che ieri sono scesi in piazza? Quando all’inizio ho detto che “sono scese in piazza le “madamine” che guardano al proprio portafogli” non intendevo qualche decina di migliaia di signore della buona borghesia torinese, addobbate a festa e con la R moscia. Intendevo un’altra cosa.
È evidente che parlo di “madamine” per provocare, ma quando dico che guardano al proprio portafogli sono molto serio. Ieri è scesa in piazza la classe media. Da quando è cominciata la crisi economica abbiamo sentito esclusivamente la voce di chi non ha nulla – e soffre – e di chi invece ha troppo e ha perso guadagni. Ad alzare la voce in piazza Castello è stata per la prima volta la parte di popolazione che sta giusto giusto in mezzo. E perché lo ha fatto? Perché stanno cominciando a preoccuparsi per i propri risparmi, patrimoni, per il proprio lavoro, per i propri investimenti. Insomma per i propri soldi. È per questo che l’età media della piazza di ieri era piuttosto altina, ma non altissima. C’erano anziani, è vero, ma c’erano soprattutto i 50enni. Questo è un segnale politico.
Secondo aspetto interessante, la provenienza politica di chi ha manifestato. Chi mastica un po’ di politica lo avrà già dedotto: a protestare erano sopratutto elettori moderati. In un post subito dopo la manifestazione ho scritto che erano elettori di centro-destra o centro-sinistra, insomma elettori di centro. Confermo. Si tratta di persone, per la maggioranza, senza un percorso politico attivo, che oscillano tra Forza Italia e PD. Ok, qualcuno mi dirà che ieri in piazza c’erano anche Lega e Fratelli d’Italia ed è vero, ma primo erano ai margini dei margini, secondo c’erano solo quelli che si sono imborghesiti.
La TAV nei fatti è stato un pretesto. In che senso? Chi era ieri in piazza la vuole veramente perché la vede come un’opportunità, ma la Torino-Lione è stata solamente l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso. Chi ieri è sceso in piazza è preoccupato per gli effetti su economia, sviluppo e crescita della città a causa delle decisioni assunte dalla Giunta Appendino e dalla sua maggioranza. Per questo dovrebbe preoccuparsi anche il Governo, perché da Torino a Roma il passo è breve. Gli italiani, come hanno detto Salvini e Di Maio, hanno molti risparmi da parte, ma di certo non vogliono darli a loro due.
Infine la risposta rabbiosa sui social di chi non è sceso in piazza. Una reazione che ha accomunato molti, ma che è interessante soprattutto se si fa un focus nel mondo No TAV a 360 gradi. I No TAV puri non erano abituati ad avere un nemico di piazza vero e adesso l’8 dicembre – giorno in cui hanno annunciato una contro manifestazione – sono chiamati alla prova muscolare. Il Movimento 5 Stelle, che negli anni qualcuno ha voluto fare diventare l’unico partito di riferimento dei No TAV, ora è stretto in una morsa molto pericolosa: morire pompieri o dire addio alle ambizioni di Governo? E poi ci sono gli ex comunisti che prima dai No TAV sono stati sedotti e dopo sono stati abbandonati, quelli che sono rimasti relegati al ruolo di spettatori di questa vicenda e che in ogni caso non riescono – in questo caso come in altri – a tracciare un’analisi equilibrata della faccenda.
Dove andrà questa protesta? Non si sa. L’Appendino ieri visti i 40.000 in piazza ha aperto la porta del suo ufficio, sperando che dietro la scrivania ci sia lei e non la sua capogruppo. Forse, però, è un po’ tardi. Tra 7 mesi si voterà in Regione Piemonte e per le Erupee ed è da ieri che mi gira una domanda per la testa: a chi andranno quei 40.000 voti?
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