Marco Van Basten, il Milan, Berlusconi e la mia passione per il calcio

Io me lo ricordo il giorno in cui Marco Van Basten ha fatto il giro di campo a San Siro per salutare il popolo rossonero e a dirla tutta mi ricordo molto meglio quel giorno rispetto alle 147 partite giocate con la maglia rossonera.

Nel 1995, anno in cui Van Basten chiude con il calcio giocato, io non avevo compiuto ancora dodici anni. Ero un bimbo nelle cui vene sgorgava sangue rosso e nero ed ero anche un tifoso anomalo perché nella mia famiglia nessuno ha mai seguito veramente il gioco del pallone. Sì, mio nonno ogni tanto guarda una partita – se la trasmettono sulla televisione in chiaro e se lui capita su quel canale per caso, ma mai stadio, abbonamento alla TV a pagamento, attese ansiose per derby, finali di Champions o altro.

Io invece sì. Una malattia, la mia, che inizia sul divano della cucina di casa all’età di quattro anni. Io sono nato nel 1983 e nel 1987 Silvio Berlusconi era già proprietario del Milan e anche delle tre televisioni che hanno aperto in Italia al mondo dell’emittenza privata. Ero un bambino che coricato sul divano della cucina guardava su Rete4 le partite in Cina giocate dai miei beniamini a strisce rossonere.

Nasce così la mia passione, direi ossessione, per il Milan. Fino a qualche anno fa non mi sono perso una partita. Per anni le ho guardate stringendo in mano un pupazzetto di Franco Baresi al quale avevo sgranocchiato dalla tensione entrambe le mani. Ho gioito fino a quando c’è stato da gioire e sto soffrendo da una decina di anni a questa parte.

È per questo che questa mattina quando mi sono ritrovato a un palmo di mano da Marco Van Basten sono andato completamente fuori di testa. Chiedete a chi era vicino a me. Non ho capito più nulla. Lo fissavo e ripensavo a quel giro di campo. Perché io, purtroppo, ricordo meglio quel giro di campo per il quale ho pianto, mentre ricordo molto meno quelle 147 partite giocate con la maglia rossonera.

Una foto. Uno scatto al volo. Una gioia immensa. Grazie Marco.

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