Il coronavirus come ha cambiato il mio modo di fare giornalismo? È la domanda che mi è stata posta dalla Città Metropolitana di Torino che sta proponendo alla cittadinanza una serie di interviste sul tema a diversi professionisti del mondo della comunicazione. Ho provato a rispondere offrendo due differenti punti di vista. Di seguito il video e poi alcune considerazioni.
Marzo per tutti noi è stato un mese che è durato un anno e questo ha inciso anche sul nostro modo di lavorare. L’emergenza coronavirus l’abbiamo vissuta in più fasi. All’inizio battevamo i palazzi delle istituzioni per avere la notizia fresca; adesso dobbiamo ridurre al massimo i nostri spostamenti. È così che abbiamo dovuto adattarci a una nuova situazione che ci ha imposto di imparare a utilizzare nuovi strumenti.
Su questo aspetto mi voglio concentrare. Ho sfruttato queste settimane per imparare cose nuove e cercare di acquisire conoscenze da mettere a frutto ora e quando sarà finita questa emergenza. Ho ridotto al massimo le occasioni di incontro fisico con chi devo intervistare e per farlo ho cercato e adottato programmi che mi permettessero di realizzare videointerviste di buona qualità a distanza.
Gli strumenti ci sono e sono strumenti che in un futuro potranno essere utilizzati anche per sviluppare progetti di informazione indipendente. Vi linko di seguito la prima intervista a distanza che ho realizzato in modo da farvi vedere il risultato: http://www.torinotoday.it/video/Antonio-Fischetto-mascherine-mozziconi.html
È cambiato anche il modo di seguire la politica e di interagire con le istituzioni. Da un mese a questa parte i sindaci, i presidenti di Regione, il Governo, comunicano attraverso i social network. La loro è una comunicazione diretta alla popolazione che però rischia di essere un’arma a doppio taglio perché priva del dibattito con i media che genera confronto e riflessioni.
Infine ci sono le conferenze stampa che sono in videoconferenza. Momenti di confronto che, superate le difficoltà tecniche (l’Unità di crisi della Regione Piemonte ha una pessima rete) sono l’unico momento di confronto con chi oggi decide. Lo schermo, la poca dimestichezza di alcuni con i mezzi e i problemi tecnici rendono questi strumenti non sufficienti. E poi manca l’aspetto umano, quel momento di confronto con i colleghi e la possibilità di approfondire temi che vanno oltre il motivo della convocazione della conferenza stampa.
Le nuove tecnologie ci stanno aiutando, ma ci fanno comprendere come non siano sufficienti per svolgere il nostro mestiere e hanno messo in evidenza quanto il nostro Paese sia ancora indietro rispetto a questo tema. Il coronavirus ha cambiato la nostra quotidianità, ma non credo che cambierà il nostro futuro.
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