Umberto Eco e le sue 40 regole utili agli scrittori

Negli ultimi giorni su facebook è diventato virale un post che riporta le 40 regole di Umberto Eco per parlare bene l’italiano. In realtà si tratta di 40 regole che sono molto utili anche a chi scrive, soprattutto a chi scrive. Piccola curiosità, notate bene come sono scritte queste regole.

Eccole:

  • Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi
  • Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario
  • Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata
  • Esprimiti siccome ti nutri
  • Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc
  • Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso
  • Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione
  • Usa meno virgolette possibili: non è “fine”
  • Non generalizzare mai
  • Le parole straniere non fanno affatto bon ton
  • Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu”
  • I paragoni sono come le frasi fatte
  • Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito)
  • Solo gli stronzi usano parole volgari
  • Sii sempre più o meno specifico
  • L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive
  • Non fare frasi di una sola parola. Eliminale
  • Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente
  • Metti, le virgole, al posto giusto
  • Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile
  • Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso
  • Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia
  • C’è davvero bisogno di domande retoriche?
  • Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media
  • Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia
  • Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
  • Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
  • Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri
  • Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili
  • Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio
  • All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo)
  • Cura puntiliosamente l’ortograffia
  • Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni
  • Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve
  • Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione
  • Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato
  • Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni
  • Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario
  • Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che
  • Una frase compiuta deve avere

Le regole sono tratte da libro ‘Bustina di Minerva’ edito da Bompiani nel 2000.

Chi sono? Mi chiamo Gioele Urso e sono un giornalista e autore torinese. Da giornalista mi occupo di politica, sindacale, manifestazioni di piazza, problemi di quartiere e più in generale di storie. Come autore ho pubblicato due libri noir: ‘Le colpe del nero‘ nel 2018 e ‘Calma&Karma‘ nel 2020. Se vuoi puoi ascoltare i miei audio racconti su Spotify.

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