Nell’era digitale del 56k (il modem ultralento che si accendeva con una levetta sul resto e che ha dato origine all’internet) c’era un sito internet che qualsiasi quindicenne guardava. Si chiamava Rotten.com ed era una galleria di immagini dell’orrido; si trattava di fotografie (all’epoca caricavi solo le foto) di cadaveri, autopsie, deformazioni, atti sessuali. Vi sto parlando del 1996 e gli utenti già all’epoca cercavano contenuti forti, indecenti. Perché vi racconto questo? Ora ve lo spiego.
In questi giorni i giornali stanno riportando una storia sconvolgente: la storia di quell’uomo di Roma (rimarrò vago sui dettagli della cronaca perché non mi pare questo il luogo per approfondire un caso di cronaca) che è stato ripreso da un automobilista mentre stava prendendo fuoco a pochi passi dalla sua vettura avvolta dalle fiamme. L’uomo in seguito è morto.
Quella persona in estrema difficoltà ha perso in un attimo il ruolo sociale di essere umano per assumere quello di contenuto da pubblicare online. Ed io quando ho letto di questa tragica storia ho pensato a Rotten. Si tratta di una storia tragica per tutti, s’intenda: è tragica ovviamente per la vittima e la sua famiglia che sono avvolte da un dolore che non può essere spiegato; è tragica per chi non ha allertato i soccorsi per le conseguenze umane e non solo che il suo gesto avrà; è tragica per tutti noi che ci troviamo nudi davanti a una realtà crudele.
La realtà è che da sempre abbiamo avuto bisogno di vedere in faccia il male, il dolore, la violenza e la morte. Probabilmente è il nostro modo per esorcizzarla e cominciare a farci conoscenza. Non sono uno psicologo e non voglio dare risposte da questo punto di vista, ma mi pare ovvio che il bisogno di orrido che tutti quanti – in dosi differenti – assumiamo sia una necessità. Ma c’è una seconda realtà.
L’altra realtà è che attorno a noi c’è chi non è più in grado di scindere la realtà dalla finzione. Chi probabilmente ormai concepisce la vita come se fosse un reality show. È così quindi che un evento anche tragico diventa un contenuto. Avete presente la camera ardente di Maurizio Costanzo e i selfie richiesti a Maria De Filippi? Anche in quel caso non è stata percepito percepito il fatto che quella non fosse finzione, che quello non fosse uno studio televisivo, che quella fosse vita reale.
Una volta bastava un libro, un film o – in casi estremi – una fotografia disturbante: oggi si cerca di vedere il dolore delle persone in diretta. Come se fossimo in un costante Truman Show.
Chi sono? Mi chiamo Gioele Urso e sono un giornalista e autore torinese. Da giornalista mi occupo di politica, sindacale, manifestazioni di piazza, problemi di quartiere e più in generale di storie. Come autore ho pubblicato tre libri noir: ‘Le colpe del nero‘ nel 2018, ‘Calma&Karma‘ nel 2020 e ‘L’assassino dei pupazzi‘ nel 2022. Se vuoi puoi ascoltare i miei audio racconti su Spotify.