Perché più canali Tv non è sinonimo di maggiore qualità, ditelo a quelli di Auditel

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L’aumento dell’offerta di canali televisivi è stato un bene o un male? Sia ben chiaro, si tratta di un dibattito inteno al mondo dell’editoria, ma che ha ripercussioni tangibili sul mercato del lavoro di settore. In qualche modo la discussione viene riproposta oggi sul quotidiano La Stampa con un’intervista a Walter Pancini, direttore di Auditel; il passaggio interessante a mio avviso è questo:

Ma non c’è il rischio che la platea televisiva classica si riduca o addirittura fugga?
No, non ci sarà un’eclissi della tv. I dati dimostrano, infatti, che la fruizione della televisione è passata da 233 minuti giornalieri a 247 minuti. E una maggiore offerta ha prodotto anche una maggiore crescita. Pensi che con il digitale terrestre si è passati dalle sette tv generaliste che venivano seguite dall’Auditel a ben 198 canali. Tutto si è moltiplicato improvvisamente con un flusso straordinario di pubblico che si muove dalla tv generalista ai canali tematici. E’ questa, la sfida di Auditel: scalare la coda lunga della tv anche su tablet e smartphone.

Pancini afferma che si è passati da 7 canali a 198, creando un flusso di pubblico straordinario che si muove da un canale all’altro: è vero? A mio avviso no per alcuni motivi: non è vero che prima i canali erano 7; non è vero che il flusso è così movimentato; Pancini offre il punto di vista esclusivamente dell’editore, ma non di chi produce televisione.

La nascita di nuovi canali non ha prodotto maggiore qualità dei programmi tv perché l’editore ha puntato su programmi di basso profilo autoriale, dal costo scenografico e grafico ridotto, mutilando le redazioni. E qui riprendiamo il discorso di ieri: quando ho detto a mio zio che stava per chiudere Sportitalia lui mi ha risposto che non era vero, perché cambiava solo nome. Ecco il risultato del digitale, un prodotto che può essere creato anche senza una redazione e un lavoro giornalistico, senza tecnici e operatori. Lasciando insomma la maggior parte dei lavoratori a casa.

In Italia non abbiamo bisogno di 198 canali tv, ma di 15 reti generaliste serie e di una fitta rete di emittenti locali. Peccato che le tv locali chiudano e le generaliste producano canali che fanno imbarazzo.

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