Lei davanti alla macchina fotografica non ride; lei chiede pietà

bimba sirianaAl corso di fotografia mi hanno detto che fotografare i bambini è difficile perché non è facile catturare la loro attenzione e per farlo devi rendere il momento dello scatto al pari di un gioco. Lui però è riuscito a ottenere la sua attenzione in pochi istanti. Lei davanti all’obiettivo non ride, davanti alla macchina fotografica non gioca neppure; lei alza le mai in segno di resa e chiede pietà.

I pugni chiusi sopra la testa, gli occhi impauriti e le labbra serrate all’ingiù. A quattro, forse cinque anni, quella bimba siriana, protagonista dello scatto del fotografo Osman Sagirli, conosce già il codice del linguaggio della guerra. Ho paura, sono in pericolo, alzo le mani.

Hudea, che è il nome della protagonista dello scatto, è arrivata lo scorso dicembre nel campo profughi di Atmeh, vicino al confine tra la Siria e la Turchia” – ha raccontato il fotografo – “Quel giorno stavo utilizzando un teleobiettivo e la bimba ha pensato che fosse un’arma. Ho capito subito che si era spaventata. Normalmente i bambini nascondono la loro faccia o sorridono quando vedono una fotocamera. È nei più piccoli che emerge di più il dolore causato della guerra, perché spezza la loro innocenza“.

Dal 15 marzo 2011, giorno in cui è iniziato il conflitto siriano, si contano 215.000 vittime; 3,8 milioni di rifugiati, la metà dei quali sono bambini. I paesi che ospitano i rifugiati siriani sono: la Turchia che accoglie oltre 1,7 milioni di rifugiati, il Libano 1,2 milioni, la Giordania 622 mila, il Kurdistan iracheno 250 mila, l’Egitto 136 mila. Più di 12,2 milioni di siriani hanno bisogno di aiuti umanitari di emergenza per sopravvivere.

Twitter: @gioeleurso1

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