Torino non è più una città per lavoratori del mondo della comunicazione!

Forse è arrivato il momento di dirselo: Torino per chi fa editoria, giornalismo e comunicazione non è più una piazza in grado di creare opportunità e crescita professionale. Gli ultimi anni hanno gambizzato le possibilità dei professionisti del settore e il lavoro ormai deve essere ricercato in altri luoghi.

Il trasloco del Salone del Libro da Torino a Milano è solo l’ultimo degli esempi, anche se detta così non è proprio corretta. La realtà dice vuole che le due città avranno entrambe una fiera dedicata all’editoria, i lombardi però riceveranno il sostegno dei grandi editori. Sotto l’ombra della Mole dovranno dunque rimboccarsi le maniche e pensare un evento rinnovato e dal forte carattere internazionale, con l’unico vantaggio di non avere il peso dell’ansia da prestazione di chi si è voluto fare un Salone tutto proprio.

Una possibilità? Secondo me sì, ma comunque ci sono un mare di «ma..». Il grosso problema è che gli eventi avranno grosse ricadute sul mondo dell’editoria piemontese e a cascata sui livelli occupazionali. Oggi su La Stampa (edizione di Torino) si calcola che il valore dell’evento torinese è stimabile intorno ai 50 milioni di euro. Profitti che cadono nelle tasche di editori, organizzatori, scrittori, albergatori, baristi, ristoratori, trasportatori, autotrasportatori, ecc.. Sì, ho allargato la questione a tanta gente, ma è così: un evento del genere porta lavoro a tutti, non solo ai diretti interessati e al primissimo indotto.

È vero che i primi a perderci saranno (nel lungo periodo) gli attori del mondo dell’editoria e della comunicazione che sono gli stessi che negli ultimi anni stanno pagando la crisi del settore editoriale frutto di una serie di scelte scellerate. Io arrivo dal mondo radio-televisivo e vi posso assicurare che il Piemonte è stato il laboratorio con il quale i lombardi hanno preso le misure sul digitale terrestre. Per la serie: «Proviamolo da loro e poi lo applichiamo, dopo aver sistemato le magagne, da noi». Morale della favola? Le TV piemontesi hanno chiuso e giornalisti, operatori e via dicendo sono rimasti a casa. Applausi!

Se vogliamo dirla proprio tutta anche i giornali rischiano di fare la stessa fine delle televisioni, è da poco che La Repubblica e La Stampa si sono praticamente fuse: gli effetti sull’occupazione dei giornalisti torinesi in qualche modo si stanno già intuendo e in molti casi vedendo. Senza contare tutti i tagli al personale effettuati in tutte le redazioni esistenti nel torinese.

Ora Milano si farà il suo Mercatone del Libro, legittimo! Spero solo che le due manifestazioni non siano in contemporanea, ma non sono convinto che la furbizia degli attori in campo porti a una saggia decisione. La ripercussione su Torino? Nel lungo periodo se i torinesi non riusciranno a creare un evento nuovo, rivoluzionato e internazionale saranno devastanti.

Meno possibilità per gli editori, per i narratori e per i giornalisti, oltre che per la città che subirà le ricadute economiche di un minor flusso di turisti. E i giornalisti? Banalmente non avranno più nulla di interessante da raccontare. Torino, che si stava creando un ruolo a livello internazionale, potrebbe diventare ancora più periferia.

Allora forse è arrivato il momento di dirselo, se gli editori radiotelevisivi non hanno il coraggio di investire su progetti nuovi, se i giornali non hanno la forza di rinnovarsi, se l’editoria non ha la voglia di scommettere su teste nuove che portino innovazione, vorrà dire che è arrivato il momento di pensare a nuovi posti dove lavorare.

A Milano ci sono esperimenti editoriali interessantissimi (vedi Gli Stati Generali e alcune realtà social che sono vere e proprie aziende), anche Napoli si è ritagliata un ruolo nazionale nel mondo della comunicazione, perché Torino non ci riesce? 

Io ho la mia personale risposta, ma me la tengo per me! Anche perché nel momento dell’amarezza e dello sfogo con le parole si deve essere cauti. Oggi vi lascio solo questa riflessione!

Ecco, io oggi voglio ricordare Carlo Giuliani così!

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