Giornalismo digitale, l’ultima frontiera dello sfruttamento

Si chiama sfruttamento 2.0 e darà la botta definitiva alla professione di giornalista. Questo post arriva dopo settimane di riflessione e dopo numerose segnalazioni che ho ricevuto. Si sa, il mondo dei giornalisti è un mondo dentro il quale il dibattito sulla condizione della professione è in continuo sviluppo. Il peccato è che questo dibattito spesso sia tra i professionisti e non tra chi invece potrebbe realmente regolamentare un mestiere che negli anni è cambiato e che cambierà ancora in futuro.

L’ultima telefonata l’ho ricevuta questa mattina da un collega e amico. “La sai la novità?”, mi dice, “c’è un editore locale che ha deciso di pagare i pezzi sul web dei collaboratori in base alle visualizzazioni che fanno”. Addio dunque al pagamento a pezzo per fare spazio al pagamento a rendimento. Un po’ come se Stellantis decidesse di vendere chi produce le auto in relazione al numero di automobili vendute e non in relazione a un accordo stabilito a prescindere. O come se il panettiere decidesse di pagare il commesso in relazione a quante pagnotte vende.

Si tratta però solamente dell’ultimo segnale che il mondo degli editori stanno mandando ai giornalisti. Ci sono testate note per esempio che non pagano i pezzi scritti per il digitale e altre che pagano, ma con cifre ridicole. Tutto questo ignorando le gigantesche indicazioni che stanno dando i lettori. Indicazioni che non possono essere messe in discussione perché banalmente sono numeri.

In Italia a ottobre 2023 l’unico giornale cartaceo sopra le 100.000 copie vendute è stato il Corriere della Sera che ha venduto 128.443 copie quotidiane. Però anche il Corriere che sta benino ha perso in un anno 16.410 copie vendute al giorno (a ottobre 2022 ne vendeva 144.853). Se la tendenza venisse confermata potrebbe scendere sotto quota 100.000 in due anni circa. Tutti gli altri quotidiani sono ampiamente sotto quella cifra: Gazzetta dello Sport 73.608; La Repubblica 70.834; La Stampa 55.870. In parallelo i numeri del consumo di informazione digitale crescono.

Nonostante questo però l’informazione digitale non ha il giusto riconoscimento sia in termini di credibilità, sia in termini (soprattutto) di pagamenti. Cosa fare? In attesa che chi di dovere si accorga di quel che sta capitando, io credo che i primi a dover prendere posizione siano i giornalisti stessi rifiutandosi di accettare pagamenti a cottimo e pretendendo chiarezza (il pagamento deve ripagare i costi che il collaboratore sostiene e garantire il guadagno del giornalista).

Il futuro del giornalismo è il digitale, ma il digitale non deve essere sfruttamento.

Chi sono? Mi chiamo Gioele Urso e sono un giornalista e autore torinese. Come autore ho pubblicato tre libri noir: ‘Le colpe del nero‘ nel 2018, ‘Calma&Karma‘ nel 2020 e ‘L’assassino dei pupazzi‘ nel 2022. Ho una newsletter ‘Scrivere Crime‘. Se vuoi puoi ascoltare i miei audio racconti su Spotify.

Pubblicato da Gioele Urso

Mi chiamo Gioele Urso e sono un giornalista piemontese. Mi occupo anche di comunicazione e produzioni video. Ho scritto due libri: Le colpe del nero (2018) e Calma&Karma (2020). Visita la mia pagina facebook: Gioele Urso

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